Tra gli argomenti “scottanti” nel panorama scientifico, non posso non annoverare gli effetti che i cannabinoidi, i principi attivi della Cannabis, sembrerebbero avere sul sonno.
Tutto parte da due considerazioni: l’insonnia è uno dei disturbi più comuni nella popolazione mondiale e le terapie farmacologiche dell’insonnia possono avere diversi effetti collaterali, più o meno gravi.
Nel nostro organismo esiste il sistema endocannabinoide, un insieme di molecole e recettori che hanno un’azione di neuromodulazione su alcuni circuiti cerebrali. In sostanza, spengono e accendono interruttori nel nostro cervello con un’azione finemente regolabile.
Si è scoperto che gli endocannabinoidi seguono il ritmo circadiano, ovvero vengono secreti secondo un schema ben preciso durante la giornata, con livelli alti durante le ore di luce, e livelli bassi durante le ore notturne.
La Cannabis può essere sfruttata per modulare il sonno?
Gli studi sono ancora pochi, ma gettano delle buone basi per approfondimenti futuri. Si sono testati diversi parametri relativi al sonno, arrivando alla conclusione che:
- il CBD riduce i risvegli notturni e porta a dormire più a lungo anche per diversi mesi dopo l’inizio del suo utilizzo.
- Il THC riduce il tempo che ci si mette per addormentarsi.
Inoltre, un grosso studio su fumatori di cannabis (diverse varietà valutate), ha dimostrato che quando si fa uso di cannabis la percezione della propria insonnia è significativamente minore. In sostanza, i fumatori di cannabis sentono di dormire meglio rispetto a quando non fumavano. Le varietà considerate più utili a contrastare l’insonnia erano quelle ad alto contenuto di CBD. Si è poi osservato come la cannabis del tipo indica riduca l’ansia e l’insonnia di più rispetto alla cannabis del tipo sativa.
Un altro ambito di interesse è il disturbo da stress post traumatico. L’olio al CBD sembra rivelarsi un utile strumento nei casi resistenti alle terapie convenzionali. Inoltre, possiede effetti collaterali trascurabili e il miglioramento che induce sembra essere più stabile rispetto ai psicofarmaci considerati “gold standard” per questo disturbo.
Studi su altre patologie sono attualmente in fase di elaborazione.